venerdì 25 novembre 2016

Loi, l’amanuense di Qualcuno

Senza Titolo, Eugenio Tomiolo



Forsi û tremâ cume de giass fa i stèll di Franco Loi


Forsi û tremâ cume de giass fa i stèll,
no per el frègg, no per la pagüra,
no del dulur, legriâss o la speransa,
ma de quel nient che passa per i ciel
e fiada sü la tèra che rengrassia…
Forsi l’è stâ cume che trèma el cör,
a tí, quan’ne la nott va via la lüna,
o vegn matina e par che ‘l ciar se mör
e l’è la vita che la returna vita…
Forsi l’è stâ cume se trèma insèm,
inscí, sensa savèl, cume Diu vör…


Forse ho tremato come di ghiaccio fanno le stelle di Franco Loi


Forse ho tremato come di ghiaccio fanno le stelle,
no per il freddo, no per la paura,
no del dolore, del rallegrarsi o per la speranza,
ma di quel niente che passa per i cieli
e fiata sulla terra che ringrazia...
Forse è stato come trema il cuore,
a te, quando nella notte va via la luna,
o viene mattina e pare che il chiarore si muoia
ed è la vita che ritorna vita...
Forse è stato come si trema insieme,
così, senza saperlo, come Dio vuole...

mercoledì 16 novembre 2016

Zhiti, confessione o propaganda delle rose

Dipinto di Sadik Kaceli




CONTINUAMENTE SI TRADISCE L'UOMO di Visar Zhiti


Continuamente si tradisce l'uomo,
e non dico del suo giorno che improvvisamente
diventa notte,
né della notte dei suoi capelli
che inalba e diventa tacito giorno di vecchiaia.

Si tradisce l'uomo
e non dico che anche la sua tomba muore e il nome
diventa erba marcita di oblìo,
ma l'uomo è continuamente tradito dall'uomo.

E quando una metà mangia la metà
non resta più l'intero,
mi disse un vecchio invecchiato nelle prigioni.

(Traduzione di Elio Miracco)

lunedì 7 novembre 2016

Achmàtova, eroico disimpegno politico

La Pietà rossa, Marc Chagall



Da “Requiem” di Anna Achmàtova


Ciò accadeva, quando sorridevano
solo i morti, lieti della loro pace.
E come un’inutile appendice Leningrado
penzolava accanto alle sue prigioni.
E quando, impazzite dal tormento,
marciavano le schiere condannate
e una breve canzone di distacco
cantavano i fischi delle locomotive.
Le stelle della morte incombevano su noi,
e la Russia innocente si torceva
sotto gli stivali insanguinati
e sotto le gomme delle nere marusi.

Ti hanno portato via all’alba,
io ti venivo dietro, come a un funerale,
nella stanza buia i bambini piangevano,
sull’altarino il cero sgocciolava.
Sulle tue labbra il freddo dell’icona.
Il sudore mortale sulla fronte... Non si scorda!
Come le mogli degli strelizzi, ululerò
sotto le torri del Cremlino.

venerdì 4 novembre 2016

Kavafis, luce barbara

La finestra, Paul Delvaux



Le finestre di Konstantinos Kavafis


In queste tenebrose camere, dove vivo
giorni grevi, di qua di là m'aggiro
per trovare finestre
(sarà scampo se una finestra s'apre).
Ma finestre non si trovano, o non so
trovarle. Meglio non trovarle forse.
Forse sarà la luce altra tortura.
Chi sa che cosa nuove mostrerà.