sabato 19 marzo 2016

Sbarbaro, rimanenze crepuscolari


San Giuseppe falegname con Gesù Bambino, Georges de La Tour





Padre, se anche tu non fossi il mio di Camillo Sbarbaro


Padre, se anche tu non fossi il mio
 
Padre se anche fossi a me un estraneo,  
per te stesso egualmente t'amerei.  
Ché mi ricordo d'un mattin d'inverno  
Che la prima viola sull'opposto  
Muro scopristi dalla tua finestra  
E ce ne desti la novella allegro.  
Poi la scala di legno tolta in spalla  
Di casa uscisti e l'appoggiasti al muro.  
Noi piccoli stavamo alla finestra.

E di quell'altra volta mi ricordo
Che la sorella mia piccola ancora
Per la casa inseguivi minacciando
(la caparbia aveva fatto non so che).
Ma raggiuntala che strillava forte
Dalla paura ti mancava il cuore:
ché avevi visto te inseguir la tua
piccola figlia, e tutta spaventata
tu vacillante l'attiravi al petto,
e con carezze dentro le tue braccia
l'avviluppavi come per difenderla
da quel cattivo che eri il tu di prima.


Padre, se anche tu non fossi il mio
Padre, se anche fossi a me un estraneo,
fra tutti quanti gli uomini già tanto
pel tuo cuore fanciullo t'amerei.

martedì 1 marzo 2016

Raboni e Valduga, versi e passi d'amore

Danza a Bougival, Pierre-Auguste Renoir





Da “Canzonette mortali” di Giovanni Raboni


Io che ho sempre adorato le spoglie del futuro
e solo del futuro, di nient'altro
ho qualche volta nostalgia
ricordo adesso con spavento
quando alle mie carezze smetterai di bagnarti,
quando dal mio piacere
sarai divisa e forse per bellezza
d'essere tanto amata o per dolcezza
d'avermi amato
farai finta lo stesso di godere.



Le volte che è con furia
che nel tuo ventre cerco la mia gioia
è perché, amore, so che più di tanto
non avrà tempo il tempo
di scorrere equamente per noi due
e che solo in un sogno o dalla corsa
del tempo buttandomi giù prima
posso fare che un giorno tu non voglia
da un altro amore credere l'amore.



Un giorno o l'altro ti lascio, un giorno
dopo l'altro ti lascio, anima mia.
Per gelosia di vecchio, per paura
di perderti – o perché
avrò smesso di vivere, soltanto.
Però sto fermo, intanto,
come sta fermo un ramo
su cui sta fermo un passero, m'incanto…



Non questa volta, non ancora.
Quando ci scivoliamo dalle braccia
è solo per cercare un altro abbraccio,
quello del sonno, della calma – e c'è
come fosse per sempre
da pensare al riposo della spalla,
da aver riguardo per i tuoi capelli.



Meglio che tu non sappia
con che preghiere m'addormento, quali
parole borbottando
nel quarto muto della gola
per non farmi squartare un'altra volta
dall'avido sonno indovino.



Il cuore che non dorme
dice al cuore che dorme: Abbi paura.
Ma io non sono il mio cuore, non ascolto
né do la sorte, so bene che mancarti,
non perderti, era l'ultima sventura.



Ti muovi nel sonno. Non girarti,
non vedermi vicino e senza luce!
Occhio per occhio, parola per parola,
sto ripassando la parte della vita.



Penso se avrò il coraggio
di tacere, sorridere, guardarti
che mi guardi morire.



Solo questo domando: esserti sempre,
per quanto tu mi sei cara, leggero.

Ti giri nel sonno, in un sogno, a poca luce. 





Da "Libro delle laudi" di Patrizia Valduga

La tua Milano, amore, fa paura
e mi tratta da esule e sbandita.
E in casa nostra ogni nostra cosa
mi guarda male, come risentita.
Ogni cosa ti chiama, ti reclama,
e mi lascia così, sola e spaurita.
E tutto il tempo testimonia il tempo
del dolore indiviso della vita.
E in tutto il tempo trovo tregua il tempo
che ti sto accanto, anima ferita.